Leggo – e mi pare non sia passato cosi’ tanto, come faccio ad essere sempre così distratta – che quest’anno il film cult ‘Il Diavolo veste Prada’ compie dieci anni. In questo lasso di tempo lo avrò rivisto tanto da impararne a memoria le frasi (se la gioca alla grandissima con Grease e Sex and the City 2).
Premetto che è sacrosanto che ognuno la pensi come vuole, ma personalmente fra i personaggi interpretati da Anne Hathaway e Meryl Streep vince la seconda, cioè Miranda Priestly. La direttora plenipotenziaria di Runway ( ispirata dalla figura dall’altra direttora, reale, di Vogue America: Anna Wintour), a cui basta un piegare leggermente le labbra in segno di disapprovazione per mandare intere aziende di moda in disgrazia, o seminare il panico in redazione fra uno stuolo di assistenti (fra cui uno Stanley Tucci – Art director mai così bravo) e giornalisti. Potentissima, temutissima, chicchissima. E autorevolissima, non solo nel mondo fashion ma nell’editoria tutta.
Hathaway – Andy le arranca dietro per tutto il film, affannata, insicura, agitata. E quando alla fine sembrerebbe acquisire un po’ di stile e di personalità anche lei, molla tutto e ciao.
Facendoti venire il nervoso, perché trattasi di fiaba di Cenerentola alla rovescia, solo che la vera Cenerentola – e cito testualmente da Pretty Woman – ‘era una gran culo’.
Miranda è quello che molte di noi, ragazze cresciute, vorremmo essere: inarcando un sopracciglio e facendo cadere #tuttegiuperterra. Imperturbabili & inattaccabili. Libere da ogni stress e contemporaneamente capaci di causarlo, lo stress, a tutto il resto del mondo.
Quindi stasera, divano, telecomando e re – visione del ‘Diavolo veste Prada’: prendere appunti e spunti dalla diabolica Miranda. E’ tutto.
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