Ovvero: i saluti di fine stagione. Quelli che è una legge non scritta fare quando agosto finisce e torni a casa. Un rito al quale non puoi sottrarti. Così come ci avevi impiegato due giorni a salutare tutti i conoscenti del bagno (parola d’ordine: “Finchè ci si rivede, vuol dire che va bene” – c’est à dire: se ci si rivediamo, nessuno di noi quest’anno è morto), uguale tempo impieghi a risalutare e rifare lo stesso giro alla partenza. Anche al momento dei commiati frasi fatte come se piovesse: passa un buon inverno, auguriamoci di rivederci il prossimo anno, fatti vivo/a ogni tanto, teniamoci in contatto, in bocca al lupo per tutto, se a Natale vengo ti chiamo così andiamo a cena, lasciami il cellulare. Quando poi pensi di aver fatto il giro di tutti gli ombrelloni e riesci a guadagnare l’uscita (la famosa luce alla fine del tunnel), ecco che ti viene incontro la signora un po’ attempata (che, diciamolo, proprio tutta non c’è) che prima ti fa il terzo grado sulla tua vita sentimentale, poi si lamenta per i suoi dolori che le impediscono, nei giorni piovosi, di camminare in centro a Firenze (!), dopodichè ti parla di figli e nipoti e poi conclude con un “mi raccomando, sempre così bella”. Te ne vai sollevata dicendoti anche questa è fatta, ma al tempo stesso sei malinconica: un’altra estate è passata. E come se non bastasse, a casa ti aspettano le valigie. Tutte da fare
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