Ieri intervistavo Davide Oldani sulla circolarità del cibo, e sempre ieri Facebook mi ha ricordato (caro) che otto anni fa presentavo a Firenze il mio libro Fornelli in Rete, raccolta di ricette di circa 50 foodblogger di tutta Italia. Sembrano passati non otto ma 100 anni. Luce. Oldani mi diceva anche che sicuramente il cibo avrà un ruolo centrale nell’economia del futuro, ma al tempo stesso si augurava di poter assistere nei prossimi anni al tramontare di tutto il business intorno al cibo.Cioè il fenomeno mediatico che dai primi anni del 2000 si è creato tramite programmi televisivi, foodblogger a scattare foto col telefonino e a fare cori da stadio in deliquio allo chef stellato di turno (manco fosse una rockstar – e più volte i giornali hanno definito tali i cuochi -). Gare quotidiane ad avere il blog di cucina più curato, a pubblicare on line le foto più belle di cibo e di piatti, ogni giorno scatti su Instagram dove si abbracciano gli chef dopo cene esclusive con tanto di intervista (e addetti stampa gongolanti in un angolo). E poi, per i giornalisti, viaggi enogastronomici tutto compreso – voli aerei, grandi alberghi grandi cene e pranzi – tutto offerto dai produttori, da aziende brand del comparto food, da enti del turismo: tutto per far conoscere e quindi per far scrivere di territori, prodotti, chef. E poi i grandi eventi food, appuntamenti fissi tutto l’anno in Italia all’estero, guai a prendersene uno altrimenti si era tagliati fuori dal giro. Tutto questo lo so bene, ne parlo da insider perche c’ero anche io.
Poi è arrivato il Covid, che ha dato una forte accellerata ad un cambio di direzione già in atto. Oggi si pensa al cibo in termini diversi, non è più tempo di #foodporn, ma di #nowaste. Il tema centrale dei prossimi anni sarà la lotta allo spreco e al tempo stesso il problema sarà poter nutrire tutta l’umanità, sconfiggendo fame, denutrizione e quindi le diseguaglianze sociali. Ci si porrà pesantemente la domanda sul come poter rendere accessibile a tutti cibo sano, fresco e nutriente. Il virus ha funzionato anche assottigliando molto il settore di quelle/i che volevano aprire un blog e fare i foodblogger tanto per fare qualcosa. Perché dai è stato (anche) così, + diciamo le cose come stanno. Sarà un po’ come nel film Highlander, ne resterà uno solo. O comunque molti meno. Resteranno in piedi credo solamente gli influencer e gli chef più capaci e più intelligenti, quelli come Davide Oldani, quelli che il problema dello spreco e della condivisione del cibo se lo pongono davvero. Sono passati davvero anni luce.