Annuncio: questo è un post semiserio. Svolgimento:
Vi ricordate il film Maledetto il giorno che t’ho incontrato, con Carlo Verdone e Margherita Buy nei panni di due nevrotici ipocondriaci? Sì lo so, era il ’92 e sembra un secolo fa. Soprattutto in relazione al tema che andremo a trattare oggi, come dice Piero Angela. La cybercondria. Cioè, in parole povere: capita che avete un dolorino alla schiena e la prima cosa che fate è cercare il sintomo su Google. Risultato finale dopo dieci minuti di navigazione in rete: state morendo. E vi trascinate come degli zombie per casa annunciando la (cattiva) nuova a tutti i presenti, a cui sgomenti cade la mascella.
Sì perchè non potendo ovviamente Google farvi una visita medica di persona (e personalizzata), ogni vostro piccolissimo bubù sul web viene ingrandito, o meglio ‘standardizzato’ verso l’alto (cioè interpretato come ‘spia’ di una malattia grave). Ecco, l’ansia che si produce da questo cercare i sintomi in rete produce la cybercondria. Che quindi è l’evoluzione digitale dell’ipocondria. (E’ vero, io soffro di paraparesi spastica, ma non mi è mai passata per il cervello l’idea di ricercare in rete i sintomi della mia malattia: il buon senso mi ha sempre frenato e detto che mi sarei spaventata . E spaventarsi non serve, serve invece agire, anzi reagire).
Ma torniamo al discorso generale: allora, una persona è ansiosa e si ‘sente’ qualcosa. Va su Google a cercare i suoi sintomi. Bastano pochi clic per innescare una spirale di ricerche su almeno una decina di siti e arrivare a conclusioni superficiali e soprattutto errate. con strascichi di ansia e stress facilmente immaginabili. Quindi, ‘appurato’ che la situazione è gravissima, questa persona finalmene corre dal medico. E qui viene il bello, perchè il malato immaginario vorrebbe imporre esattamente esami e medicine che crede opportune, dato il quadro clinico prospettatogli in rete. Ci sono anche dottori che si sono sentiti dire frasi del tipo “Eh, ma insomma cosa crede lei, di saperne più di Google?”.
Va bè. Inutile che io consigli ai cybercondriaci di non andare su Google e di non farsi autodiagnosi affrettate e superficiali su Internet, tantomeno di non leggere i bugiardini dei medicinali (questo vale per tutti: NON leggete gli effetti secondari), però pensandoci qualcosa potreste fare. Tipo lasciarci passare prima in sala d’attesa dal medico. E farsi gli esama del sangue completi, ogni anno. Quelli sì servono. Più che il Dottor Google.